Breve
Vademecum sulle pensioni della scuola
e
sulla contro-riforma Berlusconi
Dopo la legge Dini, che, di fatto,
apriva la strada alla privatizzazione della previdenza (passaggio dal sistema
retributivo a quello contributivo ovvero dimezzamento della pensione) la legge
delega, approvata a luglio 2004 dal Governo Berlusconi, attesta un altro duro
colpo al sistema pensionistico pubblico e all’idea di solidarietà
generazionale che lo caratterizzava.
Vediamo di seguito come funzionano i meccanismi di accesso al
pensionamento nel regime contributivo e in quello retributivo e le novità
introdotte dalla contro-riforma Maroni-Berlusconi.
SISTEMA DI CALCOLO RETRIBUTIVO
È il sistema di calcolo legato alle
retribuzioni degli ultimi anni di attività lavorativa (10 anni per i lavoratori
dipendenti). E’ ancora valido per coloro che al 31 dicembre 1995 avevano
almeno 18 anni di contribuzione.
IL SISTEMA CONTRIBUTIVO
Si applica ai lavoratori privi di anzianità
contributiva al 1° gennaio 1996.
Tale sistema di calcolo si basa su tutti i contributi versati durante l’intera
vita assicurativa rivalutati in base all’andamento del prodotto interno lordo
(PIL).
IL SISTEMA MISTO
Si applica ai lavoratori con meno di 18 anni di
contributi al 31 dicembre 1995.
In questo caso la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema
retributivo, per l’anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, in parte con
il sistema contributivo, per l’anzianità maturata dal 1° gennaio 1996. Se
però si possiede un’anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni, di
cui almeno 5 successivi al 1995, è possibile utilizzare l’opzione per avere
la pensione calcolata esclusivamente con il sistema contributivo.
La
pensione di vecchiaia
I requisiti per la pensione
di vecchiaia con il sistema retributivo o misto restano inalterati: 65 anni
per gli uomini e 60 per le donne, congiuntamente a:
![]() | 15
anni di anzianità contributiva (anni 14, mesi 6 e giorni 1) per il
personale di ruolo in servizio al 31-12-92. |
![]() | 20
anni di anzianità retributiva (anni 19, mesi 6 e giorni 1) per il restante
personale |
Dal 2008 per le pensioni liquidate
esclusivamente con il sistema
contributivo l'età pensionabile sarà elevata da 57 a 65 anni di età per
gli uomini e 60 per le donne (fermo restando il requisito contributivo minimo di
5 anni).
Le Pensioni di
anzianità
Come erano…
… e come saranno
|
Dal 2014, oltre ai 35 anni di contributi,
serviranno 62 anni di età per i dipendenti e 63 per gli autonomi (oppure 40
anni di contributi).
Le
donne avranno la possibilità di andare in pensione, anche dopo il 2008, con i
requisiti previsti dalla normativa attualmente in vigore (35 + 57), ma la pensione sarà interamente calcolata con il sistema contributivo
(ciò comporterà una riduzione sulla pensione del 25/30%).
Una prima nostra
considerazione:
questa contro-riforma
allontana nel tempo il diritto alla pensione (cioè, come al solito, antepone
all’uomo e ai suoi bisogni il profitto), e rappresenta una reale catastrofe
per i giovani, nella stragrande maggioranza precari, che rischiano di restare
senza pensione.
Non
facciamoci ingannare:
NO
al trasferimento del nostro TFR ai Fondi pensione
Uno degli aspetti più negativi della contro-riforma delle
pensioni è l’operazione (voluta fortemente anche dai sindacati
“concertativi”) del silenzio-assenso sul trasferimento del Tfr ai fondi
pensione.
Cosa sono i fondi
pensione?
La legge Dini (1995) istituiva (anche in Italia) i fondi
con l’obiettivo dichiarato di integrare la futura pensione dei lavoratori che,
nel frattempo, veniva sempre più ridotta con il passaggio dal sistema
retributivo a quello contributivo.
Essi si dividono in fondi chiusi (gestiti dai sindacati
“concertativi” e dai datori di lavoro) e fondi aperti (gestiti da enti
privati: banche, assicurazioni,..).
E’ comunque chiaro
che in entrambi i casi il rendimento dei fondi è legato ai mercati finanziari.
Alcuni fallimenti di fondi (e quindi di soldi dei
lavoratori) si possono registrare in America, in Inghilterra, in Germania (uno
per tutti la Enron, che nel giro di un anno ha fatto crollare del 98% il valore
delle azioni che i lavoratori avevano investito nei fondi pensione).
Il caso dei fondi chiusi ci sembra, quantomeno,
paradossale: essendo essi gestiti dal MIUR e dai sindacati cosiddetti
“rappresentativi” si registra un aspetto molto negativo che influirà
inevitabilmente sulla contrattazione nazionale: oltre alla “concertazione” si realizza la “cogestione” di quote
di salario tra organizzazioni sindacali e padronali.
E non sarà improbabile se nel prossimo rinnovo
contrattuale troveremo delle quote di aumento salariale decurtate allo stipendio
base di ogni lavoratore, che saranno “deviate” nei fondi pensione (per
“obbligare” i lavoratori ad aderirvi).
Ma, in realtà, In Italia cosa è successo negli ultimi 4
anni?
Il rendimento dei
fondi chiusi è stato del 5,25% contro la rivalutazione del Tfr che è stata del
13,44%.
Anno |
Fondi
Chiusi |
Rivalutazione
Tfr |
Differenza |
|
|
|
|
2000 |
+3,55 |
+3,54 |
+0,01 |
2001 |
-0,50 |
+3,20 |
-3,70 |
2002 |
-2,80 |
+3,50 |
-6,30 |
2003 |
+5,00 |
+3,20 |
+1,80 |
|
|
|
|
Totale
|
+5,25 |
+13,44 |
-8,19 |
In altre parole, se
avessimo investito il nostro TFR nei fondi pensione, ci troveremmo, oggi, con un
rendimento inferiore dell’8,19% .
Ma c’è anche da registrare un aspetto, per noi,
positivo: l’adesione a questi fondi è
stata fino ad oggi un vero fallimento (solo il 14% dei lavoratori).
E’ forse per questo
motivo che c’è stato un accordo unanime ad inserire nel decreto legge il
meccanismo truffaldino del silenzio-assenso.
Il lavoratore che
vorrà mantenere il Tfr dovrà fare una dichiarazione alla scuola e all’Inpdap
, entro 6 mesi dalla pubblicazione del decreto applicativo (tale decreto dovrà
essere pubblicato entro ottobre 2005).
Le nostre
conclusioni:
E’ ormai evidente che (da almeno 13 anni) si cerca di
sostituire la previdenza pubblica con i più “flessibili” fondi pensione; si
tende a trasformare il lavoratore in un soggetto schizofrenico, quasi costretto
a sperare nei tagli all’occupazione che comporterebbero l’aumento dei titoli
dell’impresa (a cui egli avrà “affidato” il suo TFR).
Peraltro, la nuova legge non prevede nessun aumento delle
pensioni (nemmeno di quelle minime) né un qualsiasi meccanismo di rivalutazione
che impedisca la perdita del potere d’acquisto. In questo caso è bene
ricordare che i dati Eurispes parlano chiaro: nel
triennio 2001-2004 la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni dei
dipendenti pubblici è stata del 18,4.
Nei prossimi mesi verranno a spiegarci (banche,
assicurazioni, sindacati rappresentativi) che aderire al fondo pensione sarà
necessario se si vuole avere in futuro una pensione “decente” visto che le
riforme varate in questi anni l’hanno ridotta al 40% dell’ultimo salario.
Ma se la maggioranza dei lavoratori si rifiutasse di
aderire ai fondi si potrà sperare in una inversione di tendenza: crisi del
sistema previdenziale integrativo e privato e un decisivo freno allo
smantellamento dell’assistenza pubblica previdenziale.
I Cobas della scuola hanno già iniziato una campagna di
informazione e mobilitazione perché la maggioranza dei lavoratori rifiuti di
“consegnare” il Tfr ai mercanti di pensioni.
Ma questa non sarà
l’unica battaglia che porteremo avanti:
Chiediamo
il ripristino del sistema retributivo per tutti e la garanzia di una pensione
per tutti i lavoratori.
Rivogliamo
un sistema pensionistico pubblico universale e solidale che garantisca a tutti
un’anzianità dignitosa.
Quando sarà
pubblicato il decreto applicativo sul silenzio-assenso informeremo tutti i
lavoratori della scuola e
pubblicheremo i moduli per rifiutare la “truffa”.