IL GRANDE INCIUCIO EUROPEO NON FERMERA' LA LOTTA CONTRO LA BOLKESTEIN
Cosa è successo a Strasburgo il 16
febbraio 2006.
Con 393 voti a favore e 220 contro, la direttiva Bolkestein è stata approvata
in prima lettura dal Parlamento Europeo, tramite un grande
”inciucio europeo”, un accordo scellerato tra le “famiglie” del
Partito Popolare Europeo (PPE) e del Partito Socialista Europeo (PSE). La
direttiva è stata votata pezzo a pezzo, ottenendo in media una maggioranza
intorno ai 460 voti a favore e 150 contro.
La proposta comune di rigetto della GUE, dei Verdi e dei socialisti francesi,
belgi (+ Berlinguer) ha ricevuto 153 voti a favore, 486 contro e 10 astensioni.
Si è quindi proceduto ai singoli voti degli emendamenti della direttiva, e le
proposte, che venivano da questa minoranza, sono state esplicitamente
battute e con esse la possibilità di escludere dalla applicazione della
Bolkestein
i servizi di Interesse Generale, i servizi di Interesse Economico Generale, il
trattamento dei rifiuti, la gestione e distribuzione dell'acqua, i servizi
sociali, i servizi educativi, quelli dell’istruzione, quelli relativi alla
ricerca, i servizi connessi ai servizi postali, già regolati da un'esistente
direttiva, i servizi funerari, quelli specifici a tutela dell'ambiente,
dei consumatori, culturali, ad eccezione di quelli correlati strettamente alla
tutela delle diversità culturali o linguistiche, i servizi
energetici, i servizi pubblicitari, i servizi di immagazzinamento e trasporto di
sostanze pericolose.
Dunque, anche se formalmente non c’è più il principio del paese
d'origine, la “libera prestazione dei servizi” fra i paesi dell'Unione non
sarà limitata da alcuna barriera.
Se nel testo originario si consentiva ai “consumatori” di darsi alcuni
strumenti di difesa dallo strapotere del mercato, nel testo finale anche questa
discutibile figura sparisce, per non creare comunque intralci. Per il lavoro
autonomo, l’assenza di regole è totale: il che significa anche massima
precarizzazione del lavoro. Dal testo si evince che i comuni, le province, le
strutture amministrative statali saranno deprivati del potere di intervenire sul
“libero” mercato dei servizi.
Sono invece esclusi dal campo di
applicazione della Bolkestein, i servizi bancari, creditizi,
i servizi pensionistici individuali, tutti i servizi fiscali o
assicurativi, l'attività dei notai e dei pubblici ufficiali, e degli
avvocati ed operatori giuridici, i servizi di trasporto, compresi il trasporto
urbano, i taxi, le ambulanze e i servizi portuali, i servizi medico
sanitari prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria a prescindere
dalle loro modalità di organizzazione o di finanziamento sul piano nazionale e
della loro natura pubblica o privata, il gioco d'azzardo, i servizi
audiovisivi a prescindere dal modo di produzione, distribuzione, trasmissione,
inclusi servizi radiofonici e cinematografici,i servizi sociali come l'edilizia
sociali, l'assistenza ai figli e i servizi alla famiglia.
Sinistra e destra liberista a braccetto
Di fronte a questo scempio liberista
(che non può essere mascherato dalla farragginosità di molti passaggi del
testo e dalla eliminazione di alcune parole-scandalo, o dalla ambiguità di
alcuni brani “a rischio”), è sbalorditivo il tentativo di occultare la
realtà da parte della sinistra liberista, ossia della maggioranza del gruppo
socialista europeo, nonché della dirigenza europea della CES. Che si potesse
arrivare al "grande inciucio" europeo era in conto, sapendo che tutta
la storia di questa devastante direttiva è stata segnata fin dall’inizio da
una convergenza di interessi tra destra e sinistra liberista - che ha coinvolto,
nonostante l'opposizione di importanti categorie, gran parte della CES (la
Confederazione europea dei sindacati) - fin dal parto avvenuto durante la
presidenza Prodi.
Ma l’entusiasmo nostrano di DS e Margherita, scavalcati “a sinistra” dai
socialisti belgi e francesi e recatisi al voto a braccetto con Forza Italia, è
davvero indecente e la dice lunga sulla volontà del centrosinistra italico di
eliminare Berlusconi ma di mantenere (se non di rafforzare) il liberismo qualora
l’Unione dovesse vincere le prossime elezioni. Altrettanto scandalose le
dichiarazioni del segretario generale della CES Monks, il quale nonostante
l’opposizione di molte categorie e sindacati nazionali aderenti alla CES, ha
avuto l’ardire di sostenere che “ben il 90% delle richieste di modifica
presentate dalla CES sono state accolte” e che dunque il voto era una vera e
propria grande vittoria. E quando qualcuno gli ha fatto notare che la grande
manifestazione di martedì 14 a Strasburgo (che giornalisti micragnosi,
riprendendo pari pari la cifra della polizia, hanno ridotto a 50 mila persone,
quando la valutazione unanime in piazza era intorno alle 200 mila persone) aveva
lo stesso orientamento di quella già svolta il sabato (intorno alle 15 mila
persone), e cioè chiedeva la revoca “senza se e senza ma” della direttiva,
ha replicato che quelli in piazza rappresentavano una ben piccola minoranza
rispetto a tutti gli iscritti/e europei ai sindacati della CES.
Ma l’”inciucio” non chiude affatto la partita
Dunque, sarebbe certo sbagliato sottovalutare la gravità del voto del Parlamento Europeo. Esso ricorda, a chi tendesse a dimenticarlo, la grande complicità strutturale tra destra e sinistra liberista in Europa, al di là delle strumentali polemiche elettorali e delle differenze di “costume” e di stile.
Segnala anche la loro volontà di ignorare
l’orientamento popolare espresso nei voti contrari alla Costituzione europea,
le grandi mobilitazioni antiliberiste e contro la Bolkestein e, anzi, il
desiderio di fare in fretta ad applicare più liberismo possibile, prima che il
“vento del pubblico”, il desiderio di difendere i beni pubblici comuni,
sociali e ambientali, diventi clamorosamente maggioritario in tutta Europa.
Ma sarebbe ancora più sbagliato pensare che il “grande inciucio” chiuda la
partita a favore del liberismo. Intanto va ricordato che la direttiva dovrà
passare al vaglio del
Consiglio e della Commissione europea, in uno spazio temporale che potrebbe
coprire almeno un anno. Nel frattempo la pressione del movimento, nel quadro
unitario finora realizzato, deve proseguire (meglio, intensificarsi) non
solo verso le sedi europee, ma "aggredendo" politicamente i luoghi
nazionali delle decisioni in merito. Un eventuale governo Prodi (nonostante DS e
Margherita abbiano riconfermato il loro sostegno alla direttiva) dovrebbe
trovarsi di fronte una fortissima e unitaria pressione popolare che rivendichi
per l’Italia (e lo stesso andrebbe fatto negli altri paesi) una specie di
"diga anti-Bolkestein", attraverso una normativa che ne escluda
comunque l'applicazione per tutti i servizi pubblici e le strutture di pubblica
utilità. Seppur un
tale cambiamento di rotta da parte della maggioranza del centrosinistra (se
vincitore delle elezioni)
appare al momento davvero improbabile, non va sottovalutata la grande crescita
di coscienza
popolare (riconfermata anche dalle manifestazioni dell’11 e del 14), indotta
dal movimento antiliberista mondiale, nei confronti della difesa dei beni
pubblici, sociali e naturali. Si è affievolito assai il "vento del
privato" e si sta gonfiando sempre più il "vento pubblico", si
tratti di difendere la scuola o la sanità, come di opporsi alla mercificazione
dell'acqua e dell'ambiente o alla distruzione del territorio attraverso le
"grandi opere nocive", dalla Tav al Ponte.
Non va dimenticato che è proprio la crescita costante di questo nuovo
senso del "pubblico" e dei beni comuni sociali e naturali, generata a
partire da Seattle attraverso l'agire del movimento contro la globalizzazione
liberista, ad aver indotto il ceto politico liberista europeo a cercare di
sfondare le
difese antiliberiste attraverso una specie di manifesto programmatico (una vera
antologia) del
liberismo come la direttiva Bolkestein.
Essa rientra nel più vasto e mondiale
quadro di smantellamento legislativo delle difese e delle garanzie del lavoro,
dei servizi pubblici, che procede attraverso i pilastri della mercificazione
totale (il mercato ha bisogno di nuove merci e per questo scuola, sanità,
cultura e informazione vanno trasformati nel business del 21 secolo e l'acqua
nel "petrolio del futuro") e del dumping globale del lavoro (il lavoro
"da Terzo mondo" irrompe nel Primo per stroncare ogni difesa,
dimezzare i costi e cancellare ogni "rigidità"). Ma tale
smantellamento aveva finora proceduto, in Europa, attaccando i bastioni del
lavoro e dei servizi pubblici uno per uno, separatamente. Cosi ad esempio si è
arrivati allo stravolgimento degli orari di lavoro ma anche alla più crudele e
totale deregulation del lavoro, quella operata nei trasporti marittimi, ove una
super-Bolkestein ha già travolto ogni difesa, spostando tutte le sedi delle
compagnie marittime di rilievo in paesi simil-Caiman ove l'assenza di ogni
legislazione del lavoro (il vero senso del principio
del paese di origine è questo: non il mitico idraulico polacco che
"ruba" il posto al francese a prezzi
dimezzati, ma la compagnia francese che sposta la sua sede nelle Caiman e
poi in Francia è svincolata dalla legislazione francese) consente oggi di
assumere i lavoratori del mare "prelevandoli" da terrificanti book nei
quali si può scegliere tra il marittimo
francese contrattualizzato alla europea (intorno ai 1.300 euro mensili,
pensione, mutua e ferie), il
marittimo coreano con contratto Oil (minima copertura pensionistica e sanitaria,
700-800 euro mensili, pochi giorni di ferie) o il marittimo cambogiano (nessuna
copertura di alcun tipo, 300-400 euro, licenziabili all'istante). E quale sia la
scelta (al 70-80%) è intuibile.
Se la strategia è cambiata, e si è passati ad un tentativo di blitzkrieg
globale, dipende certo anche
dall'integrazione dei paesi dell'Est che ha fatto credere ai liberisti di tutta
Europa di avereo un'occasione d'oro per l'attività di livellamentoverso il
basso di garanzie e diritti lavorativi e
pubblici (anche se martedì a Strasburgo c’erano almeno 5 mila
lavoratori/trici polacchi, duemila ungherese, un migliaio di sloveni e centinaia
di altri dai singoli paesi dell’Est); ma fondamentalmente dipende dalla
necessità di affrettare i tempi in una situazione mondiale dove
né il Wto, né l'attività del Fondo Monetario e della Banca mondiale hanno
proceduto con i tempi e con i successi attesi, ma anzi a partire dall'America
Latina le ricette liberiste vengono sempre più contestate non solo da grandi
masse sociali organizzate ma anche da una serie di Stati non certo irrilevanti.
Al Forum mondiale di Caracas delle 36 campagne promosse a livello mondiale per
il 2006, più della metà riguardano la difesa dei beni pubblici sociali e
ambientali, nonché la difesa dei diritti del lavoro, attraverso l'estensione
mondiale di Reti e di azioni sempre più vaste e forti.
Guardando dunque alla lotta anti-Bolkestein entro questo quadro di conflitto
mondiale, sarebbe assurdo considerare chiusa la partita a causa dell’"inciucio
europeo" tra destra e sinistra liberista. E anzi il prossimo Forum europeo
di Atene dovrà rilanciare con la massima forza la lotta contro la direttiva e
contro il sempre più impopolare “vento liberista”.
Piero Bernocchi
Confederazione Cobas