APPELLO

Nella seduta del 23 febbraio 2001, il COLLEGIO DEI DOCENTI del LICEO CLASSICO "ADOLFO PANSINI" di Napoli ha approvato all’unanimità il seguente documento.

Vi chiediamo, se d’accordo, di comunicarcelo e di aiutarci a diffonderlo. Grazie.

LETTERA APERTA dei lavoratori del Liceo Classico "A. Pansini" di Napoli ai DOCENTI ed agli INTELLETTUALI di Napoli e d’Italia.

Il profondo processo di trasformazione che sta vivendo la scuola italiana vede tutti i suoi operatori affrontare un difficile lavoro quotidiano, sia per la riconversione dei metodi che per la necessaria evoluzione della mentalità. La gran parte di essi ha affrontato questo lavoro con dedizione e consapevolezza della portata storica della riforma in atto.

In virtù delle competenze acquisite attraverso un impegno assiduo e quotidiano, i lavoratori tutti del Liceo "Pansini" di Napoli, assieme al loro Dirigente Scolastico, sentono oggi il dovere civile e morale di intervenire in ordine alle trasformazioni in atto.

Vi sono tre ordini di preoccupazioni:

1. il quadro complessivo di riferimento

2. l’aspetto propriamente epistemologico della riorganizzazione del sapere che la scuola andrà a proporre

3. il modo in cui è stata pensata ed attuata la riforma.

La destrutturazione della scuola, così come configurata sino ad ora, non va nel senso auspicato, vale a dire quello di mettere i cittadini in condizioni di impossessarsi di quel sapere critico che rende gli uomini capaci di interagire responsabilmente con il mondo del lavoro e di rispondere alle complesse sfide che il nostro tempo pone alla collettività. Al contrario, si propone una concezione di cultura tutta appiattita sulle competenze operative: si propone un sapere che non ha più alcun valore in sé stesso ma che è finalizzato unicamente ad una operatività tanto generica quanto svuotata di contenuti apprezzabili. La subordinazione della cultura alle competenze (competenze così tante volte sbandierate e conclamate nei documenti del Ministero, esplicitate (!) con un linguaggio pseudoscientifico e magniloquente che talvolta muove al sorriso ma più spesso allo scoramento) non è altro che la rinuncia ad una qualsiasi autonomia del sapere rispetto all’economia, dell’individuo rispetto al mercato. La NEW SCHOOL per la NEW ECONOMY non è che la sciagurata icona di una globalizzazione che non tollera la sopravvivenza di istituzioni libere e non prevede, nei suoi schemi, la possibilità di un pensiero sociale critico ed intelligente, capace di porre domande e cercare risposte, di coltivare valori che vadano al di là dei ristretti orizzonti dell’etica (!) neoliberista.

Le discipline , private degli elementi concettuali di base e del loro impianto storicistico (consapevole cioè dei nessi evolutivi dei metodi e dei problemi), si configurano come merce che si può acquisire indifferentemente in qualsiasi età dello sviluppo dell’individuo: la Storia, la Filosofia, l’Italiano svuotate della struttura spazio-temporale, vengano ridotte ad una astratta analisi di astratte problematiche; la Geografia, intesa come studio della relazione uomo-ambiente con un qui ed ora determinati, scompare per lasciare il posto ad illustrazioni da documentario di astratti scenari; la Matematica, privata dei suoi elementi logici, ridotta a puro calcolo operativo; lo studio del Latino e del Greco, giudicato inessenziale per la determinazione di un’intelligenza critica, limitato

solo a coloro che si interessano di antichistica. Questi sono solo esempi di un destino che riguarda tutte le discipline. E’ il concetto stesso di disciplina (cioè di campo epistemologico e semantico che si definisce a partire da un preciso apparato scientifico di indagine e di metodo) che lascia il campo a generiche definizioni di aree di sapere, dove ciò che conta non è l’assimilazione del processo di costruzione del sapere ma solo il suo esito finale spendibile come saper-fare e, questo sì, è vero e becero nozionismo.

Lo scollamento tra la riforma in atto e le necessità del Paese è testimoniato dalla natura verticistica e tecnicistica di tutta l’operazione: legittimo e necessario è che il potere politico indichi le tendenze e gli scenari delle grandi scelte, la direzione e il senso dei percorsi. Illegittimo e pernicioso è che ciò avvenga senza la considerazione e l’attenzione alla realtà e senza interagire, con un dibattito aperto e ricco di partecipazione, con tutte le componenti della società civile, analogo a quello che si costituì negli anni 60\70 e che vide la partecipazione appassionata di tutti i partiti democratici,dei sindacati, degli organismi confindustriali e di intellettuali del calibro di Don Milani, Sapegnao, Flora, Marchesi, Villari, Gozzer, Lodi, Lombardo Radice, Visalberghi, Codignola. Aver delegato a "tecnici" e "pedagogisti", sotto la guida di un gruppo di "intellettuali" impropriamente definiti "saggi", la responsabilità della riforma scolastica, ha significato aver spostato sul piano iperuranico di una improbabile scienza dell’educazione il problema serio e drammatico dell’emancipazione dell’uomo e della costruzione dei valori collettivi. Bisogna rivendicare la necessità che la scuola sia riformata con il concorso di chi sa cosa sia la scuola, cosa siano gli adolescenti, quali siano i reali problemi che – al di là dei facili sociologismi - stanno sotto la dispersione e la mortalità scolastica, quali sottendono e rendono problematici lo stesso apprendimento.

Nel denunciare l’impianto assolutamente astratto, prescientifico, demagogico e autoritaristico dell’attuale riforma, i Docenti del Liceo Classico "A. Pansini" di Napoli, insieme al loro Dirigente Scolastico,

chiedono

a tutti i lavoratori della scuola, agli intellettuali, ai docenti delle università, ai cittadini di leggere i documenti di riforma già approvati e quelli in discussione, di analizzarli e creare spazi di controinformazione e di elaborazione capaci di invertire dal basso la logica di questo processo in atto nella scuola italiana, per rimettere al centro delle riforme l’Uomo e non il mercato, le esigenze di realizzazione e di liberazione (dal bisogno, dall’ignoranza, dal ricatto sociale) di ogni individuo e non l’esigenza che il mercato a di uomini ad una sola dimensione.

Richiamano

l’attenzione della collettività sull’irrisolto problema che attraversa tutta la storia della scuola italiana e la cui soluzione è sollecitata dall’art. 3 della Costituzione: il problema di quanti, partendo da situazioni socioeconomiche e culturali inadeguate, si trovano nella scuola in situazione di obiettivo svantaggio. Costoro, in una scuola dedita al solo sapere operativo, troveranno sempre davanti a sé quanti, grazie alle migliori condizioni del loro ambiente, continueranno ad operare in quell’ orizzonte ricco di strumenti culturali che - seppure a fatica - solo la scuola sino ad oggi aveva assicurato, pur con tutti i suoi limiti e i suoi ritardi, comunque non più gravi di quelli delle altre scuole occidentali o delle altre istituzioni.

Per aderire a quest’appello liceopansini@libero.it.